Dal periodo Nara (710-784) alla guerra Genpei (1180-1185) ci furono alcune importanti innovazioni nell’organizzazione militare giapponese, una su tutte la massiccia introduzione della cavalleria. Questo rinnovamento comportò diverse modifiche alla struttura delle armature che fino al XII secolo aveva una costruzione a placche non dissimile a quella di altre popolazioni: i cavalieri dovevano indossare corazze molto pesanti, in modo da garantire stabilità durante le cariche e protezione dalle armi nemiche. Queste ō-yoroi (letteralmente “grande armatura”), erano caratterizzate da una fitta trama di piccole placche in ferro legate l’una all’altra, e sono il modello di riferimento per quella che rimarrà l’armatura tipicamente giapponese così come oggi la conosciamo. La maggior parte dei guerrieri era equipaggiata con archi e frecce e di conseguenza le corazze erano ideate principalmente per respingere questo tipo di attacchi. Sarebbe dunque un errore giudicare l’efficacia di questi equipaggiamenti in relazione a diversi tipi di combattimento! Difatti, in questa fase della storia giapponese le arti militari erano ancora poco sviluppate: non esistevano ancora grandi eserciti e le contese venivano perlopiù risolte con brevi schermaglie. Abbiamo inoltre testimonianza del fatto che, in diversi casi, gli esiti delle battaglie venivano decisi da un duello tra i comandanti dei diversi schieramenti. Questi guerrieri, visti spesso come epici eroi, potevano contare su armature di straordinaria fattura; il campo di battaglia diventava quindi un momento in cui fare sfoggio del proprio equipaggiamento, che rifletteva anche il prestigio del guerriero e della sua famiglia. Nello stesso periodo venivano anche commissionati altri tipi di armature, con una destinazione particolare: era uso infatti offrirle in dono ai santuari scintoisti e quindi non destinati all’uso sul campo di battaglia. Tra le più importanti armature votive si ricordano quelle conservate nel santuario Kasuga di Nara, forse tra i più grandi emblemi della maestria artigianale del periodo Kamakura.
Quando dunque queste armature da samurai “persero efficacia”?
Nei primi anni del XIII secolo, durante il periodo Kamakura (1185-1333), in Cina accadde qualcosa di impensabile: i mongoli, guidati dal formidabile Gengis Khan, furono in grado di invadere e conquistare gran parte dell’impero cinese. Qualche decennio più tardi Qubilai Khan, nipote di Gengis Khan, fondò una nuova dinastia imperiale con lo scopo di dominare tutto l’Estremo Oriente. Uno dei primi obiettivi dell’imperatore mongolo fu proprio il Giappone, prospera nazione indipendente senza alcuna esperienza di guerra.
Nel 1274 i mongoli assemblarono una flotta in grado di trasportare un esercito di 15.000 uomini: partiti dalla Corea raggiunsero in breve il Kyushu, l’isola più meridionale dell’arcipelago giapponese. Gli eserciti presenti sul posto furono completamente presi alla sprovvista dalla tattica militare degli avversari: i mongoli infatti combattevano in battaglioni ben disciplinati, organizzati per falangi e dotati sia di armi a lunga gittata che di spade e lance. La cavalleria invece, arma segreta dei mongoli durante le campagne europee, era assente, dato che il trasporto dei cavalli via mare sarebbe risultato difficile e oneroso. Gli invasori erano inoltre equipaggiati con armature di cuoio, leggere e comode, ideali per le rapide manovre che contraddistinguevano il modo di far guerra dei mongoli. Di fronte a questo spiegamento di forze, le usanze “rituali” dei guerrieri giapponesi si rivelarono ben presto inefficienti se non del tutto suicide, visto che sia le cariche di cavalleria che le proposte di duello individuali si risolsero in rovinose disfatte.
La classe guerriera usciva seriamente ridimensionata da questo primo confronto con una grande potenza straniera. Le tattiche perfezionate per anni si erano dimostrate del tutto inutili di fronte alla potenza di un esercito regolare. L’equipaggiamento dei samurai era inoltre costoso e troppo pesante: le ō-yoroi erano state ideate in modo da poter respingere i violenti impatti della carica di un cavaliere, ma risultavano inutilizzabili nei combattimenti a piedi, che richiedevano una certa agilità di movimento. Gli armaioli giapponesi si misero dunque a lavoro per migliorare l’equipaggiamento dei samurai, concentrandosi principalmente sulla riduzione del peso e sul perfezionamento delle piastrine protettive. Con il tempo si vennero a creare due nuovi tipi di armature, esteticamente non molto diverse dalle precedenti, ma con alcune innovazioni che le resero subito popolari. I due nuovi modelli, chiamati haramaki e dō-maru, erano nettamente più leggeri delle ō-yoroi e, grazie ai miglioramenti nelle tecniche di produzione e laccatura delle piastrine, le armature divennero ancora più solide e affidabili.
Analizziamo però ora un altro aspetto legato all’efficacia: non l’efficacia della singola armatura bensì quella di tutto un esercito: quanto tempo ci vuole per costruire un gran numero di equipaggiamenti? Quanto velocemente queste armature sono riparabili?
A partire dalla prima metà del XV secolo lo shogunato veniva ormai considerato un organo politico marginale, similmente alla corte imperiale. A causa della brama di potere dei daimyō, i grandi proprietari terrieri che avevano pieno controllo militare e politico all’interno del proprio feudo, si aprì un periodo di grande conflittualità interna per il Giappone: il Sengoku jidai (letteralmente “periodo degli stati combattenti”). In tale periodo, caratterizzato da uno stato di guerra continua, le arti militari giapponesi non poterono che affinarsi ulteriormente. Le armature del periodo Sengoku sono piuttosto diverse da quelle dei secoli precedenti: la necessità di rendere agile il movimento ai combattenti e quella di produrre in poco tempo equipaggiamenti efficienti e facilmente riparabili, portarono a numerose rivisitazioni delle tecniche tradizionali. Il peso delle corazze venne quindi diminuito, gli spallacci rimpiccioliti, le protezioni sugli elmi (shikoro e fukigaeshi) ridotti o eliminati. Le legature in seta, soggette a rotture e decisamente scomode nelle giornate piovose, quando si inzuppavano e appesantivano inutilmente il samurai, vennero ridotte al minimo. Il bordo superiore della corazza venne poi ripiegato verso l’esterno, di modo che i colpi ricevuti con le armi in asta non scivolassero fuori dalle protezioni andando a colpire la gola; furono inoltre creati nuovi modelli di elmo, adatti ai nuovi stili di combattimento ma al contempo veloci da realizzare. Tutti questi elementi si raccolsero in una nuova generazione di armature, note con il nome di tosei gusoku (“armature moderne”).
E riguardo l’efficacia delle armature da samurai durante il periodo Edo?
Dopo oltre centoventi anni di lotte intestine, il Giappone si ritrovò finalmente in pace. Spostata la capitale a Edo (la odierna Tokyo), lo shogunato Tokugawa si attivò per la riorganizzazione dei feudi, in modo da mantenere il controllo del territorio ed evitare alleanze e ribellioni dei daimyō più potenti. Il lungo periodo di pace inaugurato dalla vittoria dei Tokugawa paradossalmente non fermò la produzione di armature: i samurai non avevano più bisogno di indossarle sul campo di battaglia, ma si resero conto della potenza simbolica che questi oggetti rappresentavano nell’immaginario comune. Conformemente alle usanze previste dal sankin kōtai decisero quindi di sfruttare le armature come “status symbol”, vere opere d’arte da sfoggiare per esibire e enfatizzare il proprio prestigio. In epoca Edo le armature si evolsero quindi verso l’innovazione artistica piuttosto che verso quella tecnica. In questo periodo furono ripresi i modelli di epoca medievale, che erano considerati superati dal punto di vista tecnico (armature pesanti e scomode all’uso) ma imbattuti dal punto di vista artistico. Questa “svolta artistica” nella fabbricazione di armature non fu intrapresa immediatamente dopo l’instaurazione dello shogunato Tokugawa. La nuova classe dirigente, abituata a uno stato di guerra perenne, era ancora vigile riguardo possibili ribellioni e invasioni esterne: per questo motivo nei primi decenni del XVII secolo le armature mantennero uno stile simile a quello del periodo Sengoku, caratterizzato da semplicità ed efficacia.